Quando scrivo che mi sono dovuta accettare col
macete, parlo di questo. E dopo essermi fatta in piccoli pezzi devo superare l’orrore dei miei errori, e
doverli far perdonare. Come ieri. Perdo
la testa, e divento volgare. Pessima diresti tu. Come altri Lunedi di un tempo.
Passati per fortuna quei lunedì. Come fai a rivolermi dopo, rimane un mistero.
Una lola che non voglio,che non vuoi neanche tu,ma ogni tanto ritorna. A volte
in pubblico poi. Non ho parole per me. Solo
suoni. Una ridente risata o uno schiaffo sonoro. O mi faccio ridere o mi faccio
piangere. O sputi. Quelli che giustamente mi arrivano nel mojito. O vecchie
immagini di un tempo. Tu che vai via e
io che rimango lì sordo muta. Lasciamo perdere và. In cosa riesco a mettermi da
sola non si sa. Certe immagini passate di scuse già dette, già sentite, e tu
che rimani li. Nessuno ti sposta. Sei grande amur. La risposta migliore. IL tuo
dolce silenzio. E anche il non mio. Questo è già uscirne. Detesti il privato
che diventa pubblico. E pure io. Ma stavolta me lo merito. Errori pubblici,scuse pubbliche. E poi è un
modo come un altro per scrivere. Forse mi fa bene. Ho già scritto di te. Un
sacco di pagine. Da quando quella sera ero come un gatto bagnato e avevo
freddo. Venivo da freddo della fine. Niente
amore casa feste droghe cane amici cene . Niente. Di comune accordo per
lasciarmi con chi sai. Ci lasciammo un pomeriggio. Lui dormiva. Io pensavo.
Pensavo che avrei dovuto lasciarlo. Pensai di fare un caffè e lasciarlo dopo.
Quando si svegliò ci ripensai, pensai che ancora volevo continuare il gioco
anche se era diventato difficile. Pericoloso per entrambi. Era cosi bello. Un
uomo di sangue e pietra. Mai un opinione ritrattata mai un calcolo nel dire le
cose, e muscoli veri. Di vero lavoro. Due spalle mai viste prima, adatte a
portare una croce. Io. Quello che mi piace in un uomo. E poi un humor raro.
Quando giocava col cane o coi bambini mi si fermava il cuore. Che non ho. Bello
amur. Un grande. Lo sai poi. Poi quel pomeriggio mi lasciò lui. Aveva ragione,per
gli stessi motivi coi quali lo avrei lasciato io, mi lascò, cosi ci lasciammo
di comune accordo. E ci lasciammo senza
essersi mai presi. La casa a lui, a me il resto. Niente. Dopo qualche tempo
incontrai te. E andammo all’after. E così ricambiò tutto. Ritornarono le cene
gli amici le feste le droghe i baci e i cazzotti. Con l’estate arrivò la
rivoluzione. In cui fosti il comandante. E
io la Maria Antonia di una rivoluzione che non volevo. Qualcuno ci rimise la
vita qualcuno il trionfo. Come in ogni rivoluzione a cui siamo destinati. In
cui ci si bagna delle proprie lacrime. E attesi sulla porta come una donna del
sud che aspetta il suo uomo che torna dai campi. Nel lutto di sempre. E
tornasti coi frutti. E anche quella rivoluzione andò. E andarono anche le
altre. Tutte vinte. Infatti siamo qui. Come ieri. Comunque qui. Ancora. Quello è il mistero che
a volte diventa magia. C’è sempre la rivoluzione quando scrivo. Ho pianto per
ore sulla lettera di Che a Fidel. Ne ho fatto una bandiera un’estate. Quanta
passione in una rivoluzione. Quanta fatica. Che uomini cazzo,che comandanti. In
questo sei un esempio,comunque vada. L’esempio di chi ritorna dal fronte con
l’aria che ritorna dai campi. E il frutto che portò è il mio cuore in gola.
E poi partii io per la mia. E tornai coi miei fiori gelati in inverno e morti
in autunno. E ritornammo noi. E finimmo in copertina. Baci e abbracci per i
grandi ritorni. Le nostre foto più belle. Una lola bella,bionda e positiva e
come una regina insieme al suo re. E tu mani da ritrovare e occhi da rivedere. Un
altro dei Re. Poi io feci un talent show e tu una piccola parte in un film. Ci
portò bene quel ritorno. Arrivò l’estate e tu c’eri. Tutti i giorni, e le sere.
Come il sole e le stelle. E le albe che avevano un punto nero. E io le prendevo e le accartocciavo come un foglio e le scagliavo
al muro. Nessun difetto deve avere L’alba. Come l’anima. Neanche una piega. E
questa idea ti piace. L’hai presa e postata. L’ho notato. Ho sempre notato che
mi segui. Mi piaci e mi leggi. E poi
ripartii. Stavolta Sanremo. E anche li ci sei stato. Nella confusione dei fiori
ti sentivo. E io ero in ascolto. Le nostre storie hanno parole migliori delle
nostre. Basta ascoltarle. E quella storia funzionava. Infatti funziona. Una
classica canzone di sanremo che però funziona. Infatti ha vinto. E poi l’oblio. Così viviamo da questa parte
della rivoluzione.Della canzone. La sessantasessantaennessima edizione del
festival della musica italiana. Grandi giri di valzer e voli di colombi. Come
al circo. Questo nostro. Che ogni sera portiamo in giro. Il grande circo
davanti ai bar..Prendete posto signori. Il circo dei freak. Il mio il tuo e
quelli dello spettacolo di ieri. La donna barbuta,L’uomo squalone e l’equilibrista. Io mi sono esibita in una
squallida piece. Tu no. Sei stato grande. Molta classe. Dopo il mio show sono
andata in camerino a prendere da bere. E tu al mio ritorno ci hai sputato
dentro, Io non ho parole per noi. Solo buonanotte. Vi ringrazo della tensione.
A sabato prossimo..
Siglaa!
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