Mi
è sempre piaciuto sovvertire le regole del gioco. Da sempre. In quello dell’oca
io faccio il gioco e tu fai l’oca. Se ti sembra che io sia stia facendo l’oca è
solo perché l’immagine dell’oca è comoda, c’è il vantaggio che non devi fare
nessuno sforzo, ma sono io che decido e non aspettarti che sia giuliva però.
Negli scacchi sono il cavallo, e come ogni bionda, l’unico pezzo che può muoversi
in avanti e in obliquo e trionfare vincitrice scavalcando torri e ingoiando
Regine. E adoro la tensione del poker quando è difficile capire chi bara e chi
è cip, ho sempre vinto col mio asso nella manica, ma io non baro e non sono
cheap. Sono queste le regole del gioco se vuoi giocare con me. Ai dadi è
inutile sfidarmi, ho una fortuna innata. Ho sempre fatto sette legittimo,cinque
e due su tre tiri, al primo colpo ho
sempre vinto. Nella mia favola c’è un solo Re, che fa sette da solo ed è
l’unico che vince,cosi
in linea col suo regno,sul suo trono, corona e il suo amore corrisposto. E non sono mai inciampata nelle favole. Mai ascoltato le
tue storie su insulse principesse a forma di principesse o belle e addormentate
in attesa di un principe azzurro su tanto di cavallo che attendono il
risveglio, solo grazie a un loro bacio e condannarmi così a un lieto fine con
te, felici e contenti. Mai andata al ballo con la speranza che tu mi
scegliessi, Miss Italia non fa per me. Neanche la Regina cattiva mi intriga. La
cattiveria, come il dolore, sono lussi che non posso permettermi, invecchiano
la pelle. Questo gioco lo lascio alle mediocri. Riprenditi il tuo castello, il
tuo oro il tuo titolo e il tuo domani. Il mio di principe arrivò una sera dalla
sua isola, ero sveglia, non riposavo affatto nella mia bara di cristallo e
bastò uno sguardo. Tutto cominciò con la visione condivisa della luna. E io
stupida a guardare i san pietrini del mio cortile e mi incazzai pure con lei,
che splendeva da sola e a me non dava neanche il tempo di avere qualcuno
accanto con cui guardarla. Ma abbiamo fregato pure lei, e lui è ancora qui con
cui guardarla. Le tue favole non fanno per me, scusami. Ho di meglio da fare,
ho talento e sogni e vorrei finire le mie cose. Gioca da solo se vuoi, io ti
guardo giocare, ma solo per il gusto di vedere fin dove arrivi, come ti
comporti coi compagni di squadra e con gli avversari, come sorridi mentre bari
perché pensi che non me ne accorga, e come ti muovi imbarazzato perché ti
aggiudico un punto non meritato e hai paura che ti scopra. Da lì capisco chi
sei. Sono una dea del gioco, ma non sono bendata. Ci vedo benissimo. Ti capisco
in un attimo, mi basta un tuo sguardo. E sono troppo più furba dei tuoi
giochetti, che sono sempre gli stessi. Nuovi un tempo, quando decisi di farti
venir fuori dalla confezione e venne fuori un bambolotto abbigliato per andare
alla guerra e in dotazione qualche scoppio e un po’ di bombe. Un meraviglioso
giochetto nuovo sotto l’albero di Natale. E io una bimba di sei anni, curiosa
di ogni uomo da scartare. Ma a Santo Stefano ti avevo già dimenticato. Col risultato che
risultai una bimba capricciosa, piena di giochi a cui non più interessata e non
ne merita altri. Mai giocato con le tue bambole. Se gioco decido io chi è la
bambola. Se ho scelto per la bambola,e dopo aver a lungo letto il copione e
intuito il finale,e perché era il ruolo più complesso del tuo, un ruolo che
conosco a memoria, non avrai un oscar per questo e il tuo film non ha che un
triste e ovvio finale. Ma i tuoi giochi arrivano da soli ormai, e già usati.
Non sono mai stata sedotta da te. Ti ho solo sedotto. Io ti ho preso e ora ti
lascio. A sabato prossimo e stasera a letto senza sigla.
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